Patate 10 kg
Originaria delle Ande, la patata fu domesticata nella regione del lago Titicaca e divenne uno degli alimenti principali degli Inca, che ne svilupparono un gran numero di varietà per adattarla ai diversi ambienti delle regioni da loro abitate.
I primi europei a conoscere la patata furono i conquistadores spagnoli del Perù: la prima descrizione scritta della pianta risale al 1537. La patata giunse in Europa intorno alla metà del XVI secolo: è segnalata in Spagna nel 1573, un po’ più tardi nei Paesi Bassi e in Italia (allora possedimenti spagnoli), in Inghilterra nel 1588 (portatavi da Walter Raleigh), in Germania alla fine del secolo; in Italia venne chiamata tartuffolo o tartufo bianco. Presente nei giardini botanici, a lungo il suo rilievo nell’agricoltura e nell’alimentazione fu marginale, e veniva considerata un cibo adatto prevalentemente agli animali. A sfavore della diffusione della patata giocavano vari fattori. Le prime varietà importate dal Sudamerica erano poco adatte alla coltivazione nei climi europei e davano raccolti scarsi. L’aspetto del tubero, deforme e irregolare, agli occhi degli europei di allora appariva strano e antiestetico, e alcuni erboristi suggerirono che potesse provocare la lebbra. La patata non era citata nella Bibbia, e secondo alcuni religiosi ciò significava che Dio non intendeva che gli uomini se ne cibassero. La patata fu perfino associata alla stregoneria e al demonio.
La patata si affermò soltanto a partire dalla metà del XVIII secolo, quando il rapido incremento della popolazione in Europa, con l’aumento delle necessità di cibo, rese necessaria l’adozione di coltivazioni, come la patata e il mais, che avevano un rendimento maggiore rispetto ai cereali. La patata poteva infatti fornire una quantità di calorie di 2-4 volte superiore a parità di superficie coltivata rispetto al frumento, alla segale e all’avena; inoltre aveva tempi di maturazione minori
Già all’inizio del Settecento i governi di alcuni stati europei cercarono di stimolare la diffusione della patata: tra i primi vi furono quelli di Federico Guglielmo I e di Federico il Grande di Prussia. Anche scienziati e pubblicisti iniziarono a scrivere opere che ne illustravano i vantaggi e le proprietà nutritive. Ma l’impulso più forte per l’affermarsi di questa pianta venne dalla carenza di cibo causata dalle guerre e dalle frequenti carestie, in particolare dalla guerra dei Sette Anni (1756-1763) e dalla carestia del 1770-72. Oltre alla maggiore produttività, la patata, crescendo sottoterra, subiva danni minori dagli eserciti di passaggio. Così, a partire dal 1770 circa, la patata si diffuse rapidamente in Germania, Fiandre, Francia nordorientale, Inghilterra, Irlanda, poi in Scandinavia, Polonia e Russia, e nei primi decenni dell’Ottocento nell’Italia nordorientale. Un ruolo importante per la diffusione della patata in Francia spettò a Antoine-Augustin Parmentier, farmacista e agronomo che conobbe questa coltivazione mentre era prigioniero dei prussiani durante la guerra dei Sette Anni. Convinto della grande utilità e salubrità della patata, Parmentier fece grandi sforzi per diffonderne la coltivazione e l’utilizzo alimentare e culinario. In un periodo di tempo relativamente breve, la patata divenne così l’alimento fondamentale nell’alimentazione delle classi umili in gran parte dell’Europa centrale e settentrionale, soppiantando in parte i cereali.
In Irlanda la dieta delle classi più povere era basata esclusivamente su latte e patate, mentre il grano era utilizzato per pagare i canoni spettanti ai proprietari inglesi. La grande carestia del 1845-49 fu dovuta alla diffusione di un fungo (Phytophthora infestans) che determinò la perdita di buona parte dei raccolti nel giro di pochi anni; la popolazione irlandese diminuì drasticamente, falcidiata da fame, malattie ed emigrazione.
La patata era considerata un alimento di bassa qualità da destinare all’autoconsumo dei contadini e agli strati sociali inferiori, oltre che agli animali, mentre le coltivazioni di migliore qualità erano destinate alla vendita. Non mancarono resistenze da parte dei contadini, che vedevano nell’adozione della patata un impoverimento della loro alimentazione, anche per la cattiva qualità delle varietà inizialmente disponibili, e perché la patata veniva proposta, del tutto erroneamente, come adatta per la produzione di pane. Ma all’inizio dell’Ottocento ci si rese conto che la patata poteva essere utilizzata anche per preparazioni raffinate, come dimostra la sua comparsa nei libri di ricette di quel periodo
La produzione di patate in Italia nella seconda metà dell’Ottocento si aggirava intorno al milione di tonnellate annue. A partire dalla fine del secolo mostrò una tendenza ad un rapido aumento, superando i 2 milioni di tonnellate nei primi anni del Novecento. Nel periodo tra le due guerre mondiali oscillò intorno ai 3 milioni di tonnellate, e si avvicinò ai 4 negli anni sessanta del Novecento. La tendenza si invertì intorno al 1970 iniziando una fase di declino, e attualmente si aggira intorno a 1,5 milioni di tonnellate annue. La superficie coltivata a patate negli anni 1920-1950 si aggirava intorno ai 400.000 ettari; in seguito ha subito una diminuzione quasi costante che l’ha portata intorno agli attuali 60.000-70.000. Nello stesso periodo la resa è cresciuta da 60-70 quintali/ha fino ai circa 250 attuali.